Aseptic packaging sustainability: Vol. 3 – SUP and net plastic content

Packaging asettico sostenibile: Vol. 3 – la direttiva SUP

Nel secondo episodio della nostra nuova serie “Packaging asettico sostenibile”, abbiamo affrontato il tema del Potenziale di Riscaldamento Globale, un metodo comunemente utilizzato per quantificare le emissioni generate da diverse tipologie di gas lungo in orizzonte temporale di cento anni, comparandone l’impatto con quello di una tonnellata di CO2 - che funge, quindi, da minimo comun denominatore -.

In questo terzo episodio parleremo, invece, del cosiddetto “contenuto netto di plastica”, - anche noto come “net plastic content”, ossia una misura della quantità complessiva di plastica contenuta in ciascun tipo di imballaggio.

La presenza di enormi isole di immondizia che galleggiano nei nostri oceani - l’85% circa dell’inquinamento delle acque è, infatti, dovuto allo spreco di plastica - minacciandone l’ecosistema, ha infatti concentrato l’attenzione pubblica sulla necessità di ridurre l’utilizzo di plastica di origine fossile nella vita quotidiana.

Quando si parla di packaging, è bene ricordare che la quantità di plastica rilevabile in ogni tipo di contenitore, che si tratti di brick, PET o bottiglie in vetro, è ormai un indicatore chiave, di cui persone e governi tengono conto in misura sempre crescente, nel tentativo di ridurre ed attenuare la propria impronta ecologica.

La nuova Direttiva Europea sulle Single-Use Plastics

La direttiva sulle Single-Use Plastics varata ed approvata dall’Unione Europea nel 2019 è, dunque, una chiara testimonianza dello sforzo collettivo volto a contenere i danni ambientali generati dall’ingente spreco di plastica.

La direttiva SUP è entrata in vigore nel Luglio 2021 e prevede un quadro legislativo di ampia portata, comprensivo una ricca serie di misure, quali divieti di immissione sul mercato per determinati prodotti, requisiti di progettazione, obiettivi di raccolta delle bottiglie in plastica, Obblighi di Responsabilità Estesa (EPR) del produttore e, infine, azioni di sensibilizzazione varie.

Per quanto riguarda gli imballaggi e i contenitori, la direttiva SUP ha fissato un obiettivo intermedio, obbligatorio per tutti i Paesi membri dell’Unione Europea, che sono tenuti a raccogliere e riciclare il 77% delle bottiglie in plastica monouso, tappi compresi entro il 2025, con un target finale del 90% entro il 2029.

In conformità con quanto previsto dai requisiti di progettazione, tutti i produttori di bottiglie in PET per bevande e prodotti alimentari liquidi sono tenuti ad impiegare il 25% di materiali riciclati entro il 2025, che diventerà poi un 30% per tutti i contenitori in plastica entro il 2030. Inoltre, a partire da Luglio 2024, tappi e coperchi saranno immessi sul mercato a condizione che rimangano uniti ai rispettivi contenitori lungo l’intero ciclo di vita del prodotto - specialmente durante la fase di utilizzo da parte del consumatore -.

Contenuto netto di plastica: i brick in cartone contengono meno plastica?

Per quanto riguarda il contenuto netto di plastica, i brick in cartone asettico sono, con l’unica eccezione delle bottiglie in vetro, la soluzione perfetta per coloro che tentano di ridurre il proprio impatto ambientale, essendo una soluzione di confezionamento a basse emissioni e riciclabile, meno dipendente dalla plastica rispetto al packaging che fa uso di PET.

Secondo l’analisi circolare svolta dall’FH Campus di Vienna e un dettagliato report di Deloitte, tuttavia, anche se gli obiettivi di riciclaggio e di raccolta per le bottiglie in plastica previsti dall’Unione Europea fissati per il 2025 e il 2030 venissero raggiunti, molto probabilmente si tradurrebbero in un tasso di riciclaggio di appena il 63% a fronte di una raccolta del 90%.

A seconda della massa del contenitore in PET, spiegano i ricercatori del Campus FH, “questo si genererà un consumo di plastica variabile dagli 11 ai 14 grammi per litro”, contro i brick in cartone i quali, da soli, senza prendere in considerazione il processo di riciclaggio, impiegano appena tra i 5 e i 12 grammi di plastica per litro.

Ciò significa che il packaging in cartone consuma complessivamente meno plastica rispetto ai contenitori e alle bottiglie in PET; in altre parole, anche se il 90% delle bottiglie in PET venissero raccolte e riciclate, “consumerebbero comunque più plastica dei brick in cartone”.

I brick in cartone, infatti, sono composti da un materiale multistrato composto per il 75% da cartone derivato da fibre di legno e da alcuni strati molto sottili di alluminio, plastica o altri polimeri sintetici che, tuttavia, possono essere facilmente ricavati anche da materiali bio come la canna da zucchero. E lo stesso vale per i tappi in materiale bio e le cannucce in carta, entrambi ottenuti da risorse rinnovabili.

Naturalmente le cifre possono variare sensibilmente a seconda delle dimensioni, della forma e della funzione del pacchetto, ma ciò che conta è che i brick in cartone asettico composti prevalentemente da fibre e biopolimeri sono mediamente più sostenibili di altre soluzioni di confezionamento.

Nel quarto episodio della nostra nuova serie approfondiremo il tema dei vantaggi dell’asetticità dando un’occhiata all’efficienza complessiva di ciascuna tipologia di packaging, cercando di individuare quale tipo di confezione ha il rapporto grammi per litro minore.

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